Quello che i pessimisti non sanno.


«E’ meglio essere ottimisti e avere torto che essere pessimisti e avere ragione». Lo diceva Albert Einstein. 

Ma non è l’unico motivo per cui l’ottimismo può convenire. In questo breve articolo spiegherò il perché.
L’essere umano è naturalmente portato a fare previsioni più o meno probabilistiche sul proprio futuro, sulle conseguenze delle proprie scelte o delle proprie azioni.
Immaginare un quadro di quel che sarà può essere molto rassicurante. Ma la cosa più importante è che questo processo orienta le nostre azioni. 

L’analisi delle conseguenze di un dato comportamento, infatti, non può fare a meno di influenzare il comportamento stesso, sia dal punto di vista della sua messa in atto sia da quello della qualità dell’esecuzione. 

Mi spiego meglio con un esempio... 
Poniamo il caso di Aldo, che è innamorato di Lidia e si è finalmente deciso a fare la prima mossa. Ma è un pessimista ed è convinto che riceverà un rifiuto come risposta, magari per l’ennesima volta (si spera non sempre da Lidia). A questo punto, al nostro Aldo, potrebbero facilmente presentarsi due scenari:

1) Nel primo caso desisterà e tornerà a crogiolarsi nel suo dolore senza aver neanche provato ad avvicinare Lidia.
2) Nel secondo caso troverà la forza di avvicinarsi a lei, ma lo farà in modo impacciato, con insicurezza e sfiducia, tanto da aumentare le possibilità che il temuto rifiuto si verifichi. Anche in questo caso tornerà a crogiolarsi nel suo dolore.

La domanda è: Cosa sarebbe successo se il nostro Aldo fosse stato un po’ più ottimista? Se avesse messo da parte tutto e avesse semplicemente pensato: “Magari mi viene buona!”?

Gli psicologi chiamano questa strana cosa “profezia che si autoavvera”. I pessimisti che la scoprono dopo un po’ la dimenticano.