L'insonnia

L’insonnia è una malattia spesso riconducibile ad ansia e stress dovuti alla difficoltà di gestione dei problemi della vita quotidiana o a periodi particolarmente “intensi” ai quali si reagisce utilizzando modalità disfunzionali. Si manifesta con difficoltà di addormentamento, risvegli notturni o risvegli mattutini precoci.
Nonostante il sonno sia influenzato anche da fattori ambientali, come la quantità di luce presente in una stanza o i rumori notturni, o dall’uso di  stimolanti come caffè o cacao, nella maggior parte dei casi il fattore più importante resta lo stress, che stimola il rilascio di ormoni che alterano il normale ciclo sonno-veglia.

E’ bene tenere presente che l’insonnia può essere transitoria ma può anche cronicizzarsi, configurandosi quindi come un problema di più difficile gestione.

Rimedi e cura.

Esistono alcune buone pratiche contro l'insonnia:
1- andare a letto e alzarsi sempre alla stessa ora, in modo da abituare il corpo e la mente a un certo ritmo;
2- evitare stanze troppo luminose e rumorose;
3- limitare il consumo di sostanze stimolanti, come caffè o cioccolato;
4- cenare non troppo tardi, nè fare pasti troppo abbondanti;
5- limitare la durata del pisolino pomeridiano a un massimo 20 minuti;
6- areare bene la stanza in cui si dorme;

Ricordiamo che i sonniferi non sono sempre trattamenti più efficaci contro l'insonnia. Offrono un tipo di sonno decisamente diverso da quello naturale e hanno sempre controindicazioni, come ad esempio farmaco-dipenednza. Contrariamente a quanto si pensi, inoltre, l’uso di sostanze alcoliche non facilita l’addormento, anzi, esiste un’ottima relazione tra alcolismo e insonnia.


Trattamento psicologico dell'insonnia.

Quando l’insonnia resiste a tisane e integratori o si è stanchi di non riuscire ad addormentarsi senza ausili esterni, conviene approfondire i fattori psicologici che la sostengono.
Il trattamento psicologico dell’insonnia è volto proprio alla comprensione di questi fattori. Consiste nell’approfondimento dei pensieri e delle emozioni che interferiscono con il normale flusso del sonno, nell’esplorazione dei problemi e delle risorse individuali e familiari che è possibile stimolare al fine di trovare nuovi modi per reagire allo stress.

Quante ore dormire per garantirsi un buon riposo?

Il sonno è un processo fisiologico regolato da una sorta di orologio biologico personale influenzato da fattori come l’alternanza luce-buio, i turni di lavoro, gli orari abituali dei pasti.
Il bisogno di sonno varia a seconda dell’età. Per i neonati è di circa 16-18 ore al giorno, dai sei mesi scende intorno alle 14-15 ore, mentre i bambini dai tre ai cinque anni dormono 10-12 ore per notte.
Il tempo trascorso a dormire diminuisce progressivamente durante l’adolescenza, fino a stabilizzarsi in età adulta intorno alle 7-8 ore. Il bisogno di sonno tende a ridursi negli anziani, che dormono circa 6-7 ore per notte e il cui sonno è molto più sensibile ai disturbi esterni e quindi più frammentato.

Il tempo consigliato dagli esperti per preservare la funzione ristoratrice del sonno e garantire il riequilibrio dell’organismo è di almeno 8 ore per notte. Lo confermano gli scienziati della University of Pittsburgh School of Medicine e della Western Psychiatric Institute and Clinic. La ricerca mostra che al di sotto di tale soglia possono insorgere problemi ai reni, ai polmoni, aumentano i rischi di ictus e attacchi cardiaci, si altera il normale metabolismo con un conseguente aumento della sensazione di fame e quindi del peso corporeo. Aumentano anche le possibilità di ammalarsi di tumore. E’ noto, inoltre, che una cattiva qualità del sonno indebolisce le difese immunitarie, rendendo l’organismo più vulnerabile ai virus influenzali.
Altre conseguenze sono le difficoltà di concentrazione, di memoria e di attenzione.

Cambiare abitudini alimentari. Il ruolo della psicologia

In Italia il 33% della popolazione è sovrappeso (il 41% degli uomini e il 25% delle donne) e il 10% della popolazione è obesa. Il fenomeno è più diffuso al sud. In Campania la percentuale di persone sovrappeso ruota attorno al 40%.

L’eccesso di peso può comportare complicanze cardiovascolari o dell’apparato muscolo-scheletrico ed è frequentemente associato a diabete, malattie del fegato, cancro o ipertensione. Il controllo del peso corporeo è quindi una necessità prima di tutto nell’ottica della tutela della salute e non solo dal punto dal punto di vista estetico.

La dieta è spesso vista come il rimedio più immediato, ma quando sortisce effetti soddisfacenti pone il problema del mantenimento della forma fisica raggiunta. Questo perché essa agisce solo su un lato del problema, trascurando i meccanismi psicologici che lo sostengono e alimentano.Si può dire che sottoporsi ad una dieta senza occuparsi di comprendere e cambiare il proprio rapporto con il cibo si rivela facilmente un inutile dispendio di energie.

Come ricorda l’Associazione Italiana Obesità, infatti, la fame è regolata da meccanismi fisiologici ben precisi che ne bloccano lo stimolo una volta che l'organismo si è nutrito a sufficienza. Quindi se si continua ripetutamente a mangiare oltre il proprio fabbisogno vuoi dire che sono subentrati dei fattori di tipo psicologico che hanno poco a che fare col bisogno reale di nutrirsi. Ricordiamo che soltanto il 5% dei casi di obesità è causata da disfunzioni di tipo ormonale.


Spesso si trascura che il rapporto col cibo è legato a complessi fattori psicologici che hanno a che fare con la storia personale, le abitudini alimentari, gli stili di vita, la dipendenza affettiva. Basti pensare a tutte le volte che si reagisce mangiando quando ci si sente soli, quando si prova tristezza, rabbia, o si avvertono stimoli corporei che poco hanno a che fare con la vera e propria sensazione di fame. In molti casi mangiare costituisce un modo per soddisfare ogni frustrazione e ogni sensazione di malessere e rabbia.

E' possibile trattare l'obesità o il sovrappeso anche con la psicologia?


Sicuramente. Nei casi di sovrappeso e obesità l’attività di sostegno psicologico mira ad aiutare la persona a diventare esperta nel controllo del proprio peso e a modificare il proprio stile di vita in modo persistente, passando per un’attenta analisi del proprio rapporto con il cibo che assume il carattere di una vera dipendenza. In questi casi il sostegno psicologico, individuale o di gruppo, può essere affiancato alla dieta in modo da agire sia sul versante alimentare che su quello psicologico.

Il trattamento psicologico dei disturbi alimentari, secondo il nostro approccio, verte sui tre poli dell’essere:

# quello comportamentale: riguarda gli stili di vita e gli stili alimentari dell’individuo, i contesti e le situazioni che più spesso agiscono da stimolo ad alimentarsi;

# quello cognitivo: riguarda l’analisi dei pensieri e delle convinzioni disfunzionali su se stessi e sul rapporto con gli altri;

# quello emotivo: riguarda l’esplorazione delle emozioni e dei vuoti che si prova a colmare con il cibo.