L’ansia da separazione è una condizione di malessere psicologico e fisico che il bambino prova quando si separa da una delle sue principali figure di accudimento, come la madre, il padre o una persona che sente essere fondamentale per la sua sopravvivenza.
Il
concetto di sopravvivenza è molto importante per aiutare noi adulti a
comprendere lo stato d’animo del nostro bambino. Quando vive una separazione
dalla madre (o da chi si prende cura di lui) il piccolo si sente solo, perso ed
ha paura di non farcela.
La sua
ansia può manifestarsi tanto nella mente, sotto forma di preoccupazione o
paura, quanto nel corpo, con dolori allo stomaco, sensazione di soffocamento o
mancanza di respiro. Non a caso le radici latine della parola “ansia” rinviano
a termini come stringere, soffocare o affannare. Non sempre è opportuno,
quindi, credere che il bambino stia fingendo di provare dolore al fine di
evitare la situazione ansiogena.
L’ansia da separazione è normale?
Ogni
essere umano sano prova ansia, perciò l’ansia da separazione non rientra
necessariamente in un quadro psicopatologico.
L’ansia
da separazione è molto frequente durante l’infanzia. Di solito si manifesta tra
i 5 e i 10 anni e regredisce spontaneamente con la maturazione psicologica ed
emotiva.
Per il
bambino, ogni prova quotidiana è un ostacolo da superare e normalmente comporta
una certa dose di ansia. Anche la separazione dal genitore mette alla prova
l’autonomia del bambino, la sua capacità di riuscire ad essere, seppur per
brevi momenti, da solo, senza quella che John
Bowlby chiamava “Una base sicura”, ovvero una figura di accudimento che sia
sempre disponibile alle esigenze del piccolo, senza però limitarne la spinta
all’autonomia.
Gli
esperimenti dell’equipe che faceva capo allo psicologo britannico hanno
dimostrato che è del tutto normale che un bambino pianga e si mostri
preoccupato quando si separa da un genitore. Anzi, gli studiosi sottolineano
che l’ansia da separazione fa parte del
normale sviluppo individuale e che viene superata con la maturazione e
l’acquisizione di una maggiore sicurezza di sé.
Non c’è
da preoccuparsi quando l’ansia rientra in certi limiti e non costituisce un
ostacolo alle attività in cui il bambino è impegnato quotidianamente.
Quando si può parlare di
patologia?
Si calcola
che il Disturbo da Ansia da Separazione riguardi il 3-4% dei bambini in età
prescolare.
Si può ipotizzare la presenza di
un quadro clinico quando la paura della separazione diventa eccessiva e l’ansia
finisce con il compromettere le normali attività quotidiane, incluse quelle che
prima venivano svolte con piacere, come il vedere gli amici o il praticare
sport.
Secondo
l’attuale classificazione internazionale dei disturbi mentali, la diagnosi del
Disturbo d’Ansia da Separazione (DAS) richiede la presenza, per almeno 4
settimane, di tre o più delle seguenti condizioni:
1. reazioni di stress eccessivo scatenate dalla separazione dalle principali figure di attaccamento o dall’immaginazione della stessa;
1. reazioni di stress eccessivo scatenate dalla separazione dalle principali figure di attaccamento o dall’immaginazione della stessa;
2. costante
paura di perdere le figure di attaccamento o che accada loro qualcosa di
terribile, come una grave malattia o la morte;
3. paura costante di eventi negativi che possano causare la separazione dalle principali figure di attaccamento;
4. rifiuto di andare a scuola o in altri luoghi per paura della separazione dalle figure di attaccamento;
5. eccessiva paura di restare da solo a casa;
6. eccessiva paura di andare a dormire in assenza di una figura di attaccamento;
7. incubi legati alla separazione;
8. lamentele di sintomi fisici (come mal di testa, mal di stomaco, dolori addominali, sonnolenza, diarrea, vomito o nausea) scatenate della separazione dalle figure di attaccamento o dalla semplice immaginazione della stessa;
3. paura costante di eventi negativi che possano causare la separazione dalle principali figure di attaccamento;
4. rifiuto di andare a scuola o in altri luoghi per paura della separazione dalle figure di attaccamento;
5. eccessiva paura di restare da solo a casa;
6. eccessiva paura di andare a dormire in assenza di una figura di attaccamento;
7. incubi legati alla separazione;
8. lamentele di sintomi fisici (come mal di testa, mal di stomaco, dolori addominali, sonnolenza, diarrea, vomito o nausea) scatenate della separazione dalle figure di attaccamento o dalla semplice immaginazione della stessa;
Quali possono essere le cause più
frequenti?
Premettendo
che ogni persona è diversa da tutte le altre e che ogni situazione meriterebbe
un approfondimento specifico, esistono degli eventi comuni nella vita di molti
bambini che soffrono o hanno sofferto di ansia da separazione.
E’ molto
frequente, ad esempio, che prima dell’insorgenza del disagio siano avvenuti cambiamenti importanti che hanno
stravolto l’intera vita familiare. Non di rado il disagio insorge a seguito di
un cambio di abitazione, a seguito di un passaggio da una scuola all’altra
oppure dopo eventi traumatici di vario tipo.
Altre
volte, la paura della separazione può essere scatenata da eventi legati al
concetto di perdita, come la morte di un parente o di un animale domestico. In
questi casi è come se il bambino capisse per la prima volta, forse
precocemente, il significato dell’espressione “andare via per sempre”, e non
vuole assolutamente che questo accada alla sua mamma o al suo papà.
Altre volte è proprio il
comportamento delle figure di accudimento ad avere un’influenza negativa. E’ il caso dei comportamenti
iperprotettivi dei genitori, dovuti all’eccessiva paura che accada qualcosa di
brutto al proprio bambino. Se nell’immediato la costante presenza di una mamma
chioccia può rassicurare il figlio, a lungo andare questa può limitare la
spontanea spinta all’autonomia presente in ogni essere umano e rivelarsi una
vera e propria fonte di malessere per il
bambino.
In ogni
caso, è molto importante cercare di capire come il proprio figlio vive la
separazione, quali sono le sue paure più frequenti e se nei mesi che hanno
preceduto l’insorgenza dell’ansia si è verificato un evento che può aver inciso
negativamente sulla vita del piccolo.
Cosa fare?
Come
abbiamo accennato in precedenza, nella maggior parte dei casi l’ansia si
risolve spontaneamente. Spesso è la crescita che da al bambino gli strumenti
necessari a sopportare la separazione e a comprendere che i genitori vanno via
ma poi ritornano. Con l’età, quindi, il bambino acquisisce sempre maggior sicurezza.
Ma cosa
fare nel frattempo? Nel caso in cui il disagio non sia di entità tale da
convincere il genitore a rivolgersi ad uno specialista, può essere utile mettere in pratica alcuni semplici accorgimenti e
ricordare che:
1 - la stella polare di ogni comportamento dei genitori deve essere l’idea che la sicurezza e l’autonomia del bambino vanno sostenute e non compromesse. Alla luce di ciò, difficilmente comportamenti che sminuiscono il piccolo e ne minano l’autostima potranno sortire effetti positivi;
2 - è fondamentale mostrare comprensione ed empatia, incoraggiando il bambino ad affrontare a piccoli passi le prove che lo spaventano. Pretendere la risoluzione immediata del problema è un’attesa irrealistica del genitore, che può avere l’effetto stimolare un forte senso di inadeguatezza nel bambino;
3 - un genitore ansioso può trasmettere la propria ansia al figlio causando involontariamente un aumento del suo malessere.
4 - non trascurare il valore dell’ascolto. E’ importante passare del tempo con il proprio bambino, parlare con lui, chiedergli come si sente e che cosa prova;
1 - la stella polare di ogni comportamento dei genitori deve essere l’idea che la sicurezza e l’autonomia del bambino vanno sostenute e non compromesse. Alla luce di ciò, difficilmente comportamenti che sminuiscono il piccolo e ne minano l’autostima potranno sortire effetti positivi;
2 - è fondamentale mostrare comprensione ed empatia, incoraggiando il bambino ad affrontare a piccoli passi le prove che lo spaventano. Pretendere la risoluzione immediata del problema è un’attesa irrealistica del genitore, che può avere l’effetto stimolare un forte senso di inadeguatezza nel bambino;
3 - un genitore ansioso può trasmettere la propria ansia al figlio causando involontariamente un aumento del suo malessere.
4 - non trascurare il valore dell’ascolto. E’ importante passare del tempo con il proprio bambino, parlare con lui, chiedergli come si sente e che cosa prova;
Quali sono i possibili
trattamenti terapeutici?
Quando
le reazioni d’ansia alla separazione interferiscono con il
normale svolgimento della vita del piccolo o, in alcuni casi, dell’intera vita
familiare, può essere utile rivolgersi ad uno psicologo. Questi effettuerà una
valutazione clinica della situazione e predisporrà un piano di intervento
adeguato ad essa.